La festa dei Santi e la memoria dei defunti
Collocazione provvisoria
Un crocifisso di terracotta, donato da uno scultore locale, era stato addossato dal parroco del duomo vecchio di Molfetta sulla parete della sagrestia. Sopra vi aveva apposto un cartoncino con la scritta “Collocazione provvisoria”.
Al vescovo Tonino Bello parve un’intuizione provvidenziale, al punto da chiedere al sacerdote di non rimuoverlo da quella posizione precaria, da quella parete nuda. “Penso - spiegò a chi gliene chiedeva il motivo - che non ci sia formula migliore per definire la croce: la mia, la tua, non solo quella di Cristo. C’è una frase immensa che riassume la tragedia del creato al momento della morte di Cristo: «Da mezzogiorno alle tre si fece buio su tutta la terra». Forse è la frase più scura della Bibbia. Per me è una delle più luminose. Da mezzogiorno alle tre del pomeriggio. Solo allora è consentita la sosta sul Golgota! Al di fuori di quell’orario, c’è divieto assoluto di parcheggio. Dopo tre ore, ci sarà la rimozione forzata di tutte le croci. Coraggio, allora, fratello che soffri. Ecco già una mano forata che schioda dal legno la tua. Ecco un volto amico, intriso di sangue e coronato di spine, che sfiora con un bacio la tua fronte febbricitante. Ecco un grembo dolcissimo di donna che ti avvolge di tenerezza. Tra quelle braccia materne si svelerà, finalmente, tutto il mistero di un dolore che ora ti sembra assurdo”.
“Collocazione provvisoria”. L’episodio aveva così colpito Chiara Corbella da aver voluto mettere la stessa scritta sul crocifisso che poteva vedere dal letto in cui si stava spegnendo, a 28 anni, consumata da un tumore che le era stato diagnosticato mentre era incinta. Aveva scelto di dare la precedenza alla vita che si stava formando nel suo grembo. Francesco è ora un bel bambino di tre anni. Due fratellini, prima di lui, erano venuti alla luce con gravi malformazioni incompatibili con la vita. Chiara e il marito Enrico li avevano amati e accompagnati all’incontro con Gesù. Poi era arrivata la notizia di una nuova gravidanza e, cinque mesi dopo, quella terribile della malattia.
“Sai, ho smesso di voler capire, altrimenti si impazzisce - confidava Chiara all’amica Cristiana -. E sto meglio. Ora sto in pace, ora prendo quello che viene […] per ogni giorno c’è la grazia. Giorno per giorno. Devo solo fare spazio”. E, al piccolo Francesco, in una lettera aveva scritto: “Vado in cielo ad occuparmi di Maria e Davide, e tu rimani con il papà. Io da lì prego per voi”.
Ecco chi sono i santi che la Chiesa ci invita a celebrare il 1° novembre: persone che hanno saputo fare spazio alla grazia, generando vita e speranza anche nei momenti più duri, credendo con forza che la croce è “collocazione provvisoria”. Chiara Corbella ne era consapevole: la santità è una chiamata per tutti. Ha camminato ostinata verso questa meta con semplicità, secondo il suo metodo dei “piccoli passi possibili”, prima come figlia, poi come fidanzata e moglie, infine come mamma. Lo racconteranno papà Roberto e mamma Anselma a Piacenza, al President, nella serata del 26 novembre che prende il titolo dal libro dedicato alla sua storia: “Siamo nati e non moriremo mai più”.
Andando al cimitero dai nostri cari defunti, in questi giorni, ripetiamocelo anche noi: “Siamo nati e non moriremo mai più”. La tomba è già vuota. La vita ha già vinto.
Barbara Sartori