Cosa dice il testo? Giuristi a confronto
Riflettori accesi sui contenuto del disegno di legge Cirinnà sulle unioni civili: che valutazione ne danno i giuristi?
Critico il Centro Studi “Livatino” di Padova, che ha diffuso un appello sottoscritto da 321 professionisti, tra cui anche otto avvocati piacentini: Giovanna Bernini, Danilo Biancospino, Claudio Borgoni, Michele Cella, Livio Podrecca, Margherita Prandi, Marco Sgroi e Giovanna Turchio.
“Il ddl Cirinnà, pur denominandosi delle unioni civili, in realtà individua un regime identico a quello del matrimonio, riprendendo alla lettera le formule che il codice civile adopera per disciplinare l’unione fra coniugi – spiegano -. Ciò contrasta con la Costituzione, che tratta in modo specifico la famiglia come società naturale fondata sul matrimonio, distinguendola dalle altre formazioni sociali”. “Particolarmente iniqua” è la previsione della possibilità di adottare da parte della coppia omosessuale, anche se nella formula della stepchild adoption (l’adozione del figlio naturale del partner): “In base all’orientamento delle Corti europee - proseguono i giuristi - l’adozione non resterà a lungo limitata ad alcuni casi: verrà estesa per ogni coppia omosessuale, perfino a scapito del genitore biologico, che potrebbe anche essere sollevato dal proprio ruolo a vantaggio del convivente same sex. Se il regime della convivenza fosse parificato a quello coniugale, dal primo non potrebbe restare fuori qualcosa che caratterizza il secondo. E se la Corte Edu (Corte europea diritti dell’uomo) ha costruito un «diritto» ad avere i figli, come sarebbe ammissibile la via della adozione same sex, diventerebbe ammissibile pure quella della «gestazione per altri»”.
“L’art. 5 sulla stepchild adoption è l’estensione alle coppie omosessuali dell’art. 44 della legge 184 sulle adozioni, che si circoscrive alla possibilità di adottare il figlio naturale del partner. La giurisprudenza si è già pronunciata in senso estensivo. Siamo sicuri che sia meglio lasciare alla discrezionalità di un giudice la decisione, anziché affidare la materia al legislatore?”, rilancia l’avv. Renzo Rossi, docente a contratto di diritto privato comparato alla sede piacentina dell’Università Cattolica. “La maternità surrogata in Italia è illecita, continuerà ad esserlo ed è opportuno che lo resti. Ma espungere l’articolo 5 del disegno di legge Cirinnà – è la sua analisi – non fermerà il turismo procreativo delle coppie omosessuali. E una volta che un bambino è nato, che alternative ha l’ordinamento? È giusto far pagare ai figli eventuali scelte egoistiche degli adulti? Credo sia necessario distinguere la prospettiva “ex ante” - quando il figlio non c’è ancora - dalla prospettiva “ex post”, ossia quando il figlio c’è già ed ha instaurato un legame affettivo significativo e duraturo con il partner del genitore biologico”. L’insidia vera, secondo l’avv. Rossi, è un’altra: “Che venga riconosciuta una genitorialità aggiuntiva non tanto a copertura di una lacuna, ma in contrasto con una genitorialità che già c’è. È la contraddizione emersa nella sentenza 19 febbraio 2013 della Corte di Strasburgo: una donna austriaca, alla quale era stata affidata la figlia dopo il divorzio, inizia una convivenza con un’altra donna, con la quale instaura un’unione civile secondo il diritto austriaco; la compagna chiede l’adozione della bambina, il padre si oppone e i giudici la rigettano. Le due donne fanno ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo, che dichiara che l’Austria viola l’articolo 8 e 14 della Convenzione Edu, sostenendo che sono state discriminate nella loro vita familiare in ragione del loro orientamento sessuale. In questo caso si è perso di vista il “best interest” del minore: il padre non è ignoto né latitante, eppure è stato espunto dalla rilevanza giuridica”.
Leggi il servizio a pagina 17 dell’edizione di venerdì 22 gennaio 2016.