Disturbi mentali: fare rete tra operatori sanitari, famiglie, territorio
“Nel campo della salute mentale sta succedendo quello che 40-50 anni fa è successo nel campo dell’oncologia; i tumori erano poco conosciuti nella loro struttura e c’erano pochissime tecniche e possibilità di sconfiggerli. Adesso più del 50% delle forme tumorali si possono guarire. Ecco, questo sta succedendo oggi anche nell’ambito dei disturbi mentali; si conoscono più cure e tecniche anche di prevenzione secondaria per cui esistono disturbi a cui non si permette di svilupparsi fino alla disabilità mentale. Ad esempio intercettare un esordio psicotico negli adolescenti entro i primi sei mesi, significa raggiungere percentuali molto alte di possibilità di non diventare disabili mentali cronici. La stessa anoressia, che è un disturbo molto grave, se viene intercettata in età giovane, a 12-13 anni, può essere destrutturata prima che sopraggiunga la cronicità”. Il dottor Giuliano Limonta è direttore del Dipartimento di Salute Mentale e Dipendenze Patologiche dell’Azienda Usl di Piacenza, che – insieme ad una serie di associazioni di volontariato – si è fatto promotore del progetto “Sola–Mente Salute Mentale”, con un’attività di promozione e sensibilizzazione sul tema della salute mentale nei suoi tanti e contraddittori aspetti.
“La relazione – fa notare lo psichiatra – è l’arma potente che accelera e favorisce l’evolversi positivo di un disturbo mentale. Non è solo ascolto e comprensione, è un aiuto relazionale “intenzionale”. L’uso delle tecniche o della chimica a freddo rende ben poco se non è accompagnato da relazioni ragionate e strutturate”. E le famiglie dei malati? Come fare a non scoppiare? “Credo che il punto chiave sia quello di distribuire la fatica, di condividere l’impegno con altri soggetti: occorre alternarsi al terapeuta, all’educatore, all’assistente o a un gruppo. Nessuno ce la può fare da solo, nemmeno il terapeuta più esperto”.
Leggi l’intervista completa a pagina 4 dell’edizione di venerdì 3 ottobre 2014.