Il matrimonio nella prospettiva evangelica, ortodossa e cattolica: quest’anno la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani ha offerto - in tempi di riflessione pastorale sulla famiglia - una interessante serata di approfondimento sul significato delle nozze nelle tre confessioni cristiane.
Per gli evangelici il matrimonio non è un sacramento. Nel mondo protestante non esiste perciò un matrimonio cristiano ma - precisa il pastore Antonio Lesignoli, da lugliuo alla guida della comunità metodista di via San Giuliano - “un matrimonio tra cristiani”. Ecco allora che - pur avendo una sua ritualità, con lo scambio delle promesse e degli anelli - il matrimonio in prospettiva evangelica è anzitutto “un momento di testimonianza pubblica di chi dice che non gli basta essere sposato davanti allo Stato, ma vuole che questo passo della sua vita - che si spera sia per sempre - sia affidato a Dio, per chiederne il sostegno e la benedizione”. Al tempo stesso “si condivide la decisione con la comunità con cui si sta facendo un cammino di fede, per essere accompagnati con la preghiera”.
“Per la Chiesa ortodossa il matrimonio è unico e irripetibile”, spiega padre Jurie Ursachi, guida della comunità ortodossa rumena di Piacenza. Il rito racchiude due momenti che, un tempo, erano separati: il “fidanzamento”, con lo scambio degli anelli, e la “incoronazione” degli sposi. Il celebrante –rappresenta Cristo stesso che unisce gli sposi –, tenendo la mano dello sposo e della sposa, li accompagna nello scambio dell’anello. Ed è ancora il celebrante che unisce le mani degli sposi, solitamente con un nastro o un velo e pronuncia la formula dell’incoronazione. Gli sposi diventano così “corona” l’uno dell’altra, completamento dell’immagine divina, strumento di salvezza l’uno per l’altra. Si dà la possibilità di un secondo matrimonio in chiesa, dopo aver fatto un cammino di penitenza, in casi gravi: per esempio se c’è stato un tradimento continuativo o se si subiscono violenze. “Il secondo matrimonio però – precisa padre Ursachi – non ha valore di sacramento”.
È il valore di sacramento - con la conseguente indissolubilità che lo caratterizza - l’essenza del matrimonio nella prospettiva cattolica. Sia il Catechismo della Chiesa cattolica che il Codice di diritto canonico sottolineano la dimensione sacramentale del patto nuziale. Una delle formule del “consenso”- cuore del rito, di cui gli sposi sono ministri – lo precisa: “Io accolgo te come mio sposo e con la grazia di Cristo prometto...”. È un particolare non da poco. “Oggi si fa molto leva sulla dimensione giuridica e morale del matrimonio – riflette don Giuseppe Basini, parroco di S. Antonino – ma l’elemento sorgivo è la relazione con Cristo che dà agli sposi la grazia del sacramento, innesta la loro vita nella vita di Dio. Se perdo il riferimento all’amore di Dio, incondizionato e fedele l’impegno dell’indissolubilità diventa una prospettiva in salita, affidata alle sole capacità umane e dunque esposta al rischio di sgretolarsi. Con il presentarsi di nuove unioni i ragazzi si interrogano su qual è lo specifico del matrimonio cristiano - osserva don Giuseppe -. Come comunità dobbiamo fare il servizio di aiutarli a capire, sin dai percorsi di catechesi, anche attraverso l’incontro con persone che stanno vivendo questa vocazione al dono di sé nel matrimonio”.
Leggi il servizio a pagina 13 dell’edizione di venerdì 22 gennaio.